Allarme riscaldamento globale: gli atolli a rischio

Uno degli ultimi allarmi, in ordine di tempo, è stato lanciato dall’astronauta Luca Parmitano, che ha potuto scattare una fotografia delle isole Maldive dalla Stazione Spaziale Internazionale. Risale a un anno fa, invece, lo studio pubblicato dalla rivista Science Advance che segnala gli effetti del riscaldamento globale non solo sulle isole Maldive, ma anche sulle Marshall e le Seychelles.

Sono centinaia, secondo lo studio di Science Advance, gli atolli ancora abitati e che rischiano di essere sommersi. Tra questi in particolare si teme per le isole Marshall, dove il rischio non riguarda solo il fatto che l’Oceano finirà per avere la meglio sulla costa, ma anche il fatto che le riserve di acqua dolce potrebbero essere presto compromesse e quindi rendere ancora più difficile la sopravvivenza delle comunità che abitano questi luoghi. Lo stesso rischio descritto per le Marshall interessa le Maldive, le Seychelles e le Hawaii, oltre alle Isole Caroline e alle isole Cook.

I danni più gravi alle falde acquifere, secondo i ricercatori, potrebbero farsi sentire già entro il 2050, ma in alcune zone si parla di danni irreversibili da attendersi già entro il 2030. Motivo per il quale ha senso parlare di emergenze attuali e non di previsioni, e si fa sempre più necessario intervenire per salvare le comunità residenti e garantire, dove possibile, un futuro a questi territori.

Un progetto per affrontare l’erosione delle isole Maldive causata dal climate change arriva dal MIT di Boston, in collaborazione con Invena, l’organizzazione maldiviana che si batte per la tutela dell’arcipelago. Ne ha parlato recentemente il magazine Wise Society, spiegando come sia attualmente allo studio e già in fase di sperimentazione un sistema subacqueo di barriere artificiali innovative e a basso impatto, adattabili e regolabili in base alle stagioni, capaci di sfruttare l’energia delle onde per ridistribuire strategicamente gli accumuli di sabbia, contrastando l’erosione senza provocare danni ai fondali come avviene invece con il dragaggio.

Daniela Dall'Alba

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